martedì 25 ottobre 2011

Un sogno che diventa realtà: l’esperienza vissuta da un’ex-studentessa

di Ludovica Cesaroni
17 settembre 2001: il mio primo giorno di scuola al liceo classico Rinaldini. Sembra ieri quando ho varcato per la prima volta la soglia del mio liceo, eppure da quel giorno sono già passati dieci anni, cinque dei quali trascorsi tra quelle mura. È opinione comune che la scuola negli anni del liceo sia determinante per la formazione, la crescita culturale e l’incontro con persone che spesso si rivelano decisive per la nostra vita; tuttavia il Rinaldini per me non è stato solo questo. Oltre ad aver ricevuto un’ottima preparazione in tutti i settori, ad aver incontrato amici tra i più cari e professori che hanno lasciato segni indelebili e che ricordo con stima e affetto, posso dire che dal Rinaldini ho ricevuto qualcosa di molto più prezioso: la possibilità di conoscere meglio le mie attitudini e capire così che quel sogno nascosto nel cassetto era da tirare fuori e da coltivare. Il mio sogno era scrivere, e lo è tuttora. Non ho mai creduto che sarebbe stato facile, e sapevo quanto impegno e determinazione avrei dovuto metterci per poter almeno continuare a sperare di vederlo realizzato. E l’impegno è stata una costante nel mio percorso liceale. Tuttavia scegliere non è mai scontato, nonostante sapessi già cosa mi piaceva studiare. Quando, alla fine delle medie, mi sono trovata a dover decidere quale scuola avrei voluto frequentare negli anni seguenti, non avevo ancora un’idea precisa di cosa avrei voluto fare ‘da grande’. Amavo leggere e adoravo scrivere, queste erano le mie sole certezze. Scelsi così il Liceo Classico, che mi ha offerto comunque la possibilità di sviluppare interessi diversi: attraverso la scelta della sezione P.N.I (piano nazionale informatico) ho potuto bilanciare gli studi umanistici con più matematica, fisica e informatica. Nonostante ciò, o forse grazie a ciò, alla fine del quinquennio non ho avuto più dubbi sulla strada da prendere e mi sono iscritta alla facoltà di Lettere. Infatti, nel corso dell’esperienza liceale ho iniziato ad avvicinarmi più seriamente al mondo della scrittura: spinta anche dai suggerimenti di parenti e insegnanti ho pubblicato un piccolo romanzo di fantasia, Il triangolo delle Bermuda, che avevo scritto senza pretese qualche anno prima e che mi ha incoraggiato a continuare su questo percorso e a credere nelle mie capacità visto il positivo riscontro suscitato nei giovani lettori a cui il libro era destinato. Ma è proprio alla fine del corso di studi triennale universitario che il mio sogno ha cominciato ad acquisire una dimensione più seria. Ho avuto infatti l’opportunità di veder pubblicata la mia tesi Dante e le Marche. Ma il merito non credo sia solo mio: sono convinta infatti che parte del mio successo sia dovuta all’ottima formazione ricevuta da parte degli insegnanti seri e preparati di questa scuola.Per me questa è stata una grandissima soddisfazione, ma la parte più bella e significativa di questa dell’esperienza è stata il poter tornare nella mia vecchia scuola per presentare il mio libro agli studenti. Tornare dopo solo cinque anni dal diploma nell’aula magna, dove ha avuto luogo la conferenza, per sedermi dall’altra parte della lunga scrivania, mi ha fatto provare un tuffo al cuore: davanti ai miei occhi sono passati brevemente alcuni fotogrammi di ricordi riemersi all’improvviso. Quante volte mi ero seduta coi miei compagni per partecipare a un’assemblea d’istituto, quante volte avevo ascoltato le parole di professori e ospiti chiamati per presenziare a qualche conferenza. E ora ero lì, davanti a tanti volti sconosciuti che mi osservavano inizialmente con un’espressione smarrita, che è andata pian piano distendendosi, per aprirsi in sguardi ricchi di attenzione e desiderio di conoscere. E al contempo quei volti sono diventati a me più noti, poiché mi sono resa conto che in fondo era come rivedere me stessa e i miei compagni di un tempo, uniti dalla stessa voglia di saperne un po’ di più.Tale incontro è stato per me entusiasmante e, credo, stimolante per entrambe le parti; i ragazzi si sono infatti dimostrati attenti e interessati agli argomenti trattati, forse anche perché hanno visto in me qualcuno non troppo lontano dal loro mondo: una ragazza appena più grande di loro, da non molto tempo uscita dal medesimo liceo, che muove i primi passi nella realtà degli adulti. Spero di essere riuscita a trasmettere a quei ragazzi l’importanza del credere in un sogno e il valore profondo della cultura, che proprio quella scuola mette loro a disposizione prendendosi cura del futuro dei propri studenti. Per quel che mi riguarda, posso inoltre dire che trovarsi di fronte a una platea di ragazzi che fanno parte della mia ex-scuola, che salgono e scendono le stesse scale che anche io per tanti anni ho percorso, e frequentano quei corridoi e quelle aule a me ancora così familiari nel ricordo, è stato come tornare a casa, anche se i vecchi inquilini non ci sono più. Dopo solo cinque anni tutti gli studenti che erano iscritti al liceo quando ancora frequentavo la scuola non ci sono ormai più, e anche alcuni professori mancano all’appello. Tuttavia, la percezione è che mentre alcune cose sono cambiate, mentre la scuola si trasforma e si arricchisce di innovazioni che la rendono sempre più efficiente e al passo coi tempi, altre cose sono sempre lì, certezze nel mutamento. Forse cambieranno gli occhi, i sorrisi, ma quelle espressioni intelligenti e curiose sui volti dei ragazzi, quell’atmosfera vivace ma attenta nello stesso tempo e quel sentore inconfondibile di classicità che vi si respira sono rimasti. Grazie, Rinaldini.

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