Ho frequentato il liceo Rinaldini subito dopo mio fratello Cesare, pù grande di me di tre anni. Nel confronto ci rimettevo e i professori mi chiamavano il rovescio della medaglia. E' vero che non ero particolarmente bravo, ma era anche vero che riuscivo meglio in alcune materie come l’italiano, ricevendo il riconoscimento del professor Borioni. Ero uno studente che di solito viene qualificato come intelligente che non si applica, che prende la sufficienza e si accontenta. Durante il pranzo organizzato per i 50 anni della terza liceo mi sono ritrovato coi i vecchi compagni che avevano conservato il soprannome di allora messi da me (Nerone, Cavalletta, Bambi, Pignasecca, eccetera).
Il liceo classico era considerato la miglior scuola per tradizione e fama e, in anni in cui non si conoscevano tanti Master o phd, veniva considerato un punto elevato di eccellenza. Fare il liceo classico poteva apparire un privilegio e se lo studente non andava bene i professori e lo steso preside avevano il provvedimento appropriato: la minaccia a passare al liceo scientifico o alle magistrali. Ricordo i professori, che erano considerati di ampia cultura ed esperienza, i quali preferivano per il ruolo restare al liceo dove necessitava una preparazione di base maggiore. Un altro punto importante rappresentato dalla severità dell’insegnamento, diretto a rendere più funzionale l’ingresso all’Università. Da parte nostra, nonostante l’aiuto di qualche famigliare, si reagiva negativamente alla mole di lavoro che si era tenuti a preparare prima di un’interrogazione. Riconsiderando ora quella situazione, devo riconoscere che la formazione ricevuta al Rinaldini stata senz’altro utile e duratura nel tempo.
Paolo Annibaldi
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