Da Franco Amatori
Rinaldini, il liceo ginnasio Rinaldini, è un tempo e un luogo preciso della vita. Non qualcosa di cui dire, vorrei rivivere quegli anni: ci sono entrato che non avevo ancora compiuto 14 anni e ne sono uscito a quasi 19. Non è una bell'età perché non si è trovato ancora il proprio posto nel mondo, non si è in pace con se stesso e con gli altri. Rinaldini è competizione, qualcosa che ti punge, ti mette in discussione-- ero il più bravo della classe alle medie, ora ce ne sono tanti come me e meglio di me. Ma non esageriamo. Rinaldini è anche solidarietà tra compagni di scuola, radice di amicizie che si consolidano e rimangono forti nel tempo lungo fino ad oggi, è risate, risate a crepapelle, è primi amori.
Ma ciò che più resta è aver appreso e soprattutto aver imparato ad apprendere. E qui viene in mente la cultura impegnata di Isabella Saracini, la disincantata umanità di Don Armando Candelaresi, la splendida equanimità di Padre Agostino Giannini, l'esigente acribia di Maria Illuminati, la puntualità filologica di Giuliana Cavezzali, l'affascinante concretezza delle grandi idee spiegate da Mario Bonivento.
E' con questo bagaglio che un provinciale timido e greve, è sopravissuto a Harvard, ha girato per le università europee, e ora è in cattedra alla Bocconi. Tanto che può dire di aver giocato bene le carte buone (non ha avuto solo quelle) che la vita gli ha messo in mano.
Grazie Rinaldini.
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