giovedì 18 giugno 2015
Furono tempi duri, ma non perdiamoci di vista!
di Mariagrazia Da Dalt
Ho pensato che quest'anno per me si compiono 40 anni esatti dal conseguimento della Maturità, al glorioso "Rinaldini"; forse c'è un sito... forse c'è un'associazione ex alunni...Ed ecco compare uno scritto di Maurizio Paoloni, ecco compaiono due foto nelle quali mi riconosco e mi ritrovo com'ero, ecco ciò che Maurizio pensa oggi...
Anni duri, per me, quelli del Liceo, io forestiera in mezzo a tanti gruppetti di amici e conoscenti dall'infanzia, mi sono spesso isolata; ero l'unica ad avere "un" compagno di banco (Emilio Riccioni) perché le demoiselles non gradivano la mia compagnia. Eppure, sono stati anni preziosi, nei quali ho esplorato le mie potenzialità, ho imparato a contare solo su di me, ho visto che potevo essere me stessa senza bisogno dell'approvazione degli altri. Il supporto dei docenti è stato determinante nella formazione di una personalità forte, che mi ha permesso di conseguire una bella laurea in matematica a Padova, di fare l'insegnante di matematica in un Liceo Classico, di affrontare ambienti e mondi diversi, perchè la vita mi ha portato un po' in giro, dalla Sicilia al Veneto.
Non so se ti capiterà di leggere queste frasi, Maurizio, ma ti ringrazio, ricambio l'abbraccio e chissà, magari qualcuno potrebbe organizzare un incontro per questi 40 anni di Diploma!
mercoledì 4 gennaio 2012
Intensi rapporti umani e crescita personale
di Maurizio Paoloni
Per un ragazzo di campagna, abitavo e abito ancora a Borghetto di Monte San Vito, varcare nell'ottobre del 1968 la soglia del liceo più prestigioso di Ancona, poteva comportare grandi rischi. Invece la predisposizione per le "lettere", la subitanea simpatia, in tutti i sensi della parola greca, con i compagni di classe e lo spessore di alcuni professori, hanno reso il corso degli studi lineare se non gratificante. Certo, a causa di pubbliche calamità e traumi privati, non posso definirli i migliori anni della mia vita, ma sicuramente sono stati anni di intensi rapporti umani e di crescita personale. Oggi, per ovvie ragioni, quei rapporti fanno parte dei ricordi, ma rimane vivo il senso di appartenenza e l'associazione non può che ribadirne le ragioni e le motivazioni.
P.S. posto due foto: una del '69 sulle scalette delle 13 cannelle, l'altra del '70 in gita con i prof. Viola, Piazza e Filippi.
Un abbraccio a tutti coloro che si riconosceranno.
giovedì 1 dicembre 2011
Un abbraccio grandissimo...
Ho lasciato Ancona praticamente dopo la maturità nel 1967 ma sono rimasto molto attaccato agli amici di anni splendidi ed indeminticabili.Si per me il ricordo degli anni del liceo è molto bello e pur non piacendomi gli amarcord porto con me la ricchezza di amicizie vere che sono rimaste tali dopo decenni.Voglio pertanto aggiungere il mio contributo a questo scambio anche se scrivere non è stato mai il punto forte.Credo che sia inutile elencare i valori e quant'altro di importante ci abbia lasciato il nostro liceo e soprattutto i nostri professori. La mia memoria va piuttosto alle "stupidaggini" che ci hanno consentito di divertirci e di solidarizzare ancora di più: la sigaretta fumata in comune al gabinetto, i "seghini" passati a giocare a bigliardo al bar della piscina o sugli scogli della seggiola del Papa, la pizza da Boari nell'intervallo delle 10.30, il benzinaio di Piazza Roma che giustificava al mitico Babilò il nostro ritardo...
Tra tutte vorrei ricordare in particolare un'interrogazione di matematica, credo in V ginnasio: il mitico Montecchiani chiamava alla lavagna Bocchieri (spero mi perdoneranno, ma per me rimane una scena geniale!) e gli chiedeva di dimostrare un teorema, non ricordo ovviamente quale. Bocchieri non si dava per perso e immediatamente iniziava a riempire la lavagna di formule incomprensibili sotto lo sguardo del prof (bzz... bzz...); dopo la prima lavagna ne seguirono altre e alla fine Bocchieri trionfante dichiarava, lasciando basito il povero Montecchiani: "per il teorema della dimostrabilità il teorema è dimostrato" !!!
Grazie a tutti i miei amici di quel periodo, molti di loro, i famosi "compagnucci", lo sono ancora oggi, sono stati una parte importantissima della mia vita. Mi permetto di ricordare quelli che purtroppo non ci sono più: Dante Chiodoni, Roberto Cimetta, Paolo Pistarelli, Lucio Baleani, Franco Casanova. A loro, un abbraccio grandissimo
Gianni Roversi
sezione III C 1967
Tra tutte vorrei ricordare in particolare un'interrogazione di matematica, credo in V ginnasio: il mitico Montecchiani chiamava alla lavagna Bocchieri (spero mi perdoneranno, ma per me rimane una scena geniale!) e gli chiedeva di dimostrare un teorema, non ricordo ovviamente quale. Bocchieri non si dava per perso e immediatamente iniziava a riempire la lavagna di formule incomprensibili sotto lo sguardo del prof (bzz... bzz...); dopo la prima lavagna ne seguirono altre e alla fine Bocchieri trionfante dichiarava, lasciando basito il povero Montecchiani: "per il teorema della dimostrabilità il teorema è dimostrato" !!!
Grazie a tutti i miei amici di quel periodo, molti di loro, i famosi "compagnucci", lo sono ancora oggi, sono stati una parte importantissima della mia vita. Mi permetto di ricordare quelli che purtroppo non ci sono più: Dante Chiodoni, Roberto Cimetta, Paolo Pistarelli, Lucio Baleani, Franco Casanova. A loro, un abbraccio grandissimo
Gianni Roversi
sezione III C 1967
sabato 26 novembre 2011
I 150 del Liceo Rinaldini. Per celebrarli, un libro, tante conferenze e una festa
by Rinaldiniani
Il 2011 è l’anno anche del Centocinquantesimo anniversario della Fondazione del Liceo Rinaldini, creato dal commissario straordinario del governo piemontese Lorenzo Valerio all’indomani dell’unificazione. Una data importante per questo Istituto, che la celebra pubblicando un volume che è regesto degli ultimi cinquant’anni di vita del Liceo, con testimonianze e ricordi, ma anche riflessione sugli studi classici nell’era tecnologica, sulla nostra storia italiana, sul sistema scolastico che la tradizione ci ha trasmesso e che il cambiare dei tempi induce ad adattare agli stili di apprendimento, alla velocità della comunicazione, alle esigenze di una società in rapidissima evoluzione.
Dopo l’accorpamento al Classico dell’Istituto Magistrale, l’istituzione dei Licei Pedagogico, delle Scienze Umane ed Economico-Sociale, e la più recente apertura verso i linguaggi non verbali con l’istituzione del Liceo Musicale, il Rinaldini, polo umanistico della città, fa il punto della sua storia, si osserva più da vicino e consolida il suo dialogo col territorio. Anche la nascita dell’associazione degli “alumni” Rinaldiniani va nel senso di una più stretta e simpatetica collaborazione tra la Scuola e la cittadinanza, con i tanti che sono stati allievi del Rinaldini, i loro familiari, le istituzioni e il pubblico.
La presentazione del libro “I 150 anni del Liceo Rinaldini di Ancona – Il futuro ha un cuore antico” (Ed. Affinità Elettive) sarà il primo appuntamento, martedì 29 novembre alle 16,30 alla Loggia dei Mercanti, di una serie di incontri del Centocinquantesimo anniversario. In quella occasione, la prestigiosa lectio dal titolo “Scuola classica e vita moderna”, del professor Luciano Canfora, docente di Filologia Greca e Latina all’Università di Bari, eminente studioso della Classicità e pubblicista ferratissimo ed elegante, sarà fulcro di una cerimonia introdotta dalla relazione della dirigente scolastica professoressa Giulietta Breccia, intesa come momento di incontro dei Rinaldiniani, ex alunni e docenti di tutte le età che si ritroveranno dopo anni attorno all’istituzione scolastica che ne ha formato la cultura e la preparazione per brillanti carriere. Sarà infatti anche presentata al pubblico la Associazione Rinaldiniani da parte della presidente, avvocato Francesca Paoletti. Inoltre nel corso della cerimonia si esibirà nell’Inno di Mameli e in canti risorgimentali la Corale degli alunni del Rinaldini.
Le celebrazioni proseguono con una grande festa, un happening artistico/musicale di alunni e docenti del Liceo mercoledì 7 dicembre alle 21 al Melaluna (Hotel Klass) di Castelfidardo: oltre alla annuale sfilata delle allieve del Liceo delle Scienze Umane, clou della festa, canzoni e musica contemporanea faranno da colonna sonora e contesto per un incontro gioioso. E ancora, il 19 dicembre alle 16,30 sarà il professor Franco Montanari (Università di Genova), autore del più diffuso dizionario della lingua greca, a tenere una conferenza al Liceo Rinaldini (via Canale, 1) dal titolo “Il mare epico e l’epica del mare”.
Due altri appuntamenti, all’inizio del prossimo anno, segnano altrettante tappe di celebrazioni che proseguiranno fino a tutto il 2013: il 19 gennaio alle 16,30 in aula magna del Rinaldini il dottor Fabio Brisighelli, musicologo e segretario dell’Associazione Rinaldiniani, terrà una conferenza/ascolto dal titolo “Il Risorgimento e l’opera. Le note del riscatto nazionale”. E ancora, il 3 febbraio alle 16,30 il Liceo Rinaldini avrà l’onore di ospitare in aula magna il dottor Fernando Balestra, sovrintendente dell’Istituto Nazionale Dramma Antico di Siracusa, con cui il Rinaldini ha stretto una proficua collaborazione, che parlerà del teatro nella didattica del mondo classico con la relazione dal titolo “Il fuoco di Prometeo”.
venerdì 18 novembre 2011
Sembrerà strano...
di Costanza Costanzi
Sembrerà strano, ma la memoria degli anni liceali non evoca in me ricordi di spensieratezza e tanto meno di nostalgia. E questo non a causa di uno scarso profitto scolastico, piuttosto soddisfacente anzi, né per situazioni relazionali complicate – professori, compagni di classe – e meno che mai per problemi concreti, familiari, di salute o altro. Oggi, a ben considerare la cosa, riconosco in quel permanente stato di ansia e di insoddisfazione il segno di un complicato rapporto con me stessa, in quel delicato momento di passaggio, di crisi appunto (per attingere al bagaglio etimologico greco) tra la fine dell’adolescenza all’età ‘quasi’ adulta, consumato tra conflitti interiori, turbamenti, insicurezze, amoretti infelici, vaga insofferenza verso la severa disciplina ‘pre-sessantottina’ ancora vigente: insomma, un repertorio tipico dell’età, in cui dubbi e insicurezze, aggravati da un diffuso senso di inadeguatezza a tutto campo, la facevano da padroni. In questo poco esaltante scenario, accade un episodio, che oggi identifico come causa scatenante (o forse effetto?) di quel travagliato momento.
Risale ai primi mesi del V ginnasio, quando, durante un banalissimo tema in classe, situazione mai temuta, né ansiogena, sono incappata nella peggiore ‘sindrome del foglio bianco’che si possa immaginare. Ricordo con angoscia quel tempo interminabile, totalmente vuoto di idee - e di conseguente scrittura - attanagliata da una paralizzante incapacità di formulare un qualsivoglia pensiero, anche elementare, che avesse una pur minima attinenza con una delle opzioni (ben tre!) proposte. La prof di italiano, Paolina Mezzabotta – una colonna del corpo docente della sezione B del Ginnasio - donna schiva e austera, quanto attenta e sensibile, percepisce e il mio disagio (probabilmente mi stavo già sciogliendo in lacrime), tenta di aiutarmi, spronandomi a scrivere qualcosa, qualsiasi cosa, che solo somigliasse lontanamente a un tema. Mi suggerisce di fare magari soltanto la semplice prosa della morte di Ermengarda (uno dei titoli riguardava appunto il celebre passo manzoniano). Ma niente, zero, vuoto assoluto. La sofferenza della infelice regina morente dei Franchi sembrava niente in confronto al mio confuso e tormentato stato d’animo, mentre fissavo quel foglio protocollo, beffardo e inviolato. Due ore di angoscia allo stato puro, allo scoccare delle quali, come prevedibile, non avviene il miracolo e consegno il tema in bianco. Non starò a dire quanto tempo (tanto!) mi sono portata dietro la maledetta ‘sindrome’, e di quanta pazienza si sono dovuti armare i miei genitori, nel cercare (inutilmente) di convincermi che non ero quell’idiota incapace, che mi sentivo. Alla squadra familiare schierata contro la totale perdita di autostima che mi affliggeva, si è affiancata per un certo, determinante periodo anche la bravissima Marisa Saracinelli, a cui devo molta gratitudine per avermi aiutato a superare, da insegnante seria e preparata, quel buio momento della mia vita di studente.
Non so se oggi ho davvero radicalmente risolto il problema, ma di certo, mai avrei immaginato, allora, che da quell’incubo giovanile, per una misteriosa e imprevedibile legge del contrappasso, la mia attività professionale passata e presente si sarebbe in buona parte concentrata sullo scrivere. Sarà un caso emblematico di quella “eterogenesi dei fini”, di cui parlava già il filosofo Giovan Battista Vico?
martedì 25 ottobre 2011
Un sogno che diventa realtà: l’esperienza vissuta da un’ex-studentessa
di Ludovica Cesaroni
17 settembre 2001: il mio primo giorno di scuola al liceo classico Rinaldini. Sembra ieri quando ho varcato per la prima volta la soglia del mio liceo, eppure da quel giorno sono già passati dieci anni, cinque dei quali trascorsi tra quelle mura. È opinione comune che la scuola negli anni del liceo sia determinante per la formazione, la crescita culturale e l’incontro con persone che spesso si rivelano decisive per la nostra vita; tuttavia il Rinaldini per me non è stato solo questo. Oltre ad aver ricevuto un’ottima preparazione in tutti i settori, ad aver incontrato amici tra i più cari e professori che hanno lasciato segni indelebili e che ricordo con stima e affetto, posso dire che dal Rinaldini ho ricevuto qualcosa di molto più prezioso: la possibilità di conoscere meglio le mie attitudini e capire così che quel sogno nascosto nel cassetto era da tirare fuori e da coltivare. Il mio sogno era scrivere, e lo è tuttora. Non ho mai creduto che sarebbe stato facile, e sapevo quanto impegno e determinazione avrei dovuto metterci per poter almeno continuare a sperare di vederlo realizzato. E l’impegno è stata una costante nel mio percorso liceale. Tuttavia scegliere non è mai scontato, nonostante sapessi già cosa mi piaceva studiare. Quando, alla fine delle medie, mi sono trovata a dover decidere quale scuola avrei voluto frequentare negli anni seguenti, non avevo ancora un’idea precisa di cosa avrei voluto fare ‘da grande’. Amavo leggere e adoravo scrivere, queste erano le mie sole certezze. Scelsi così il Liceo Classico, che mi ha offerto comunque la possibilità di sviluppare interessi diversi: attraverso la scelta della sezione P.N.I (piano nazionale informatico) ho potuto bilanciare gli studi umanistici con più matematica, fisica e informatica. Nonostante ciò, o forse grazie a ciò, alla fine del quinquennio non ho avuto più dubbi sulla strada da prendere e mi sono iscritta alla facoltà di Lettere. Infatti, nel corso dell’esperienza liceale ho iniziato ad avvicinarmi più seriamente al mondo della scrittura: spinta anche dai suggerimenti di parenti e insegnanti ho pubblicato un piccolo romanzo di fantasia, Il triangolo delle Bermuda, che avevo scritto senza pretese qualche anno prima e che mi ha incoraggiato a continuare su questo percorso e a credere nelle mie capacità visto il positivo riscontro suscitato nei giovani lettori a cui il libro era destinato. Ma è proprio alla fine del corso di studi triennale universitario che il mio sogno ha cominciato ad acquisire una dimensione più seria. Ho avuto infatti l’opportunità di veder pubblicata la mia tesi Dante e le Marche. Ma il merito non credo sia solo mio: sono convinta infatti che parte del mio successo sia dovuta all’ottima formazione ricevuta da parte degli insegnanti seri e preparati di questa scuola.Per me questa è stata una grandissima soddisfazione, ma la parte più bella e significativa di questa dell’esperienza è stata il poter tornare nella mia vecchia scuola per presentare il mio libro agli studenti. Tornare dopo solo cinque anni dal diploma nell’aula magna, dove ha avuto luogo la conferenza, per sedermi dall’altra parte della lunga scrivania, mi ha fatto provare un tuffo al cuore: davanti ai miei occhi sono passati brevemente alcuni fotogrammi di ricordi riemersi all’improvviso. Quante volte mi ero seduta coi miei compagni per partecipare a un’assemblea d’istituto, quante volte avevo ascoltato le parole di professori e ospiti chiamati per presenziare a qualche conferenza. E ora ero lì, davanti a tanti volti sconosciuti che mi osservavano inizialmente con un’espressione smarrita, che è andata pian piano distendendosi, per aprirsi in sguardi ricchi di attenzione e desiderio di conoscere. E al contempo quei volti sono diventati a me più noti, poiché mi sono resa conto che in fondo era come rivedere me stessa e i miei compagni di un tempo, uniti dalla stessa voglia di saperne un po’ di più.Tale incontro è stato per me entusiasmante e, credo, stimolante per entrambe le parti; i ragazzi si sono infatti dimostrati attenti e interessati agli argomenti trattati, forse anche perché hanno visto in me qualcuno non troppo lontano dal loro mondo: una ragazza appena più grande di loro, da non molto tempo uscita dal medesimo liceo, che muove i primi passi nella realtà degli adulti. Spero di essere riuscita a trasmettere a quei ragazzi l’importanza del credere in un sogno e il valore profondo della cultura, che proprio quella scuola mette loro a disposizione prendendosi cura del futuro dei propri studenti. Per quel che mi riguarda, posso inoltre dire che trovarsi di fronte a una platea di ragazzi che fanno parte della mia ex-scuola, che salgono e scendono le stesse scale che anche io per tanti anni ho percorso, e frequentano quei corridoi e quelle aule a me ancora così familiari nel ricordo, è stato come tornare a casa, anche se i vecchi inquilini non ci sono più. Dopo solo cinque anni tutti gli studenti che erano iscritti al liceo quando ancora frequentavo la scuola non ci sono ormai più, e anche alcuni professori mancano all’appello. Tuttavia, la percezione è che mentre alcune cose sono cambiate, mentre la scuola si trasforma e si arricchisce di innovazioni che la rendono sempre più efficiente e al passo coi tempi, altre cose sono sempre lì, certezze nel mutamento. Forse cambieranno gli occhi, i sorrisi, ma quelle espressioni intelligenti e curiose sui volti dei ragazzi, quell’atmosfera vivace ma attenta nello stesso tempo e quel sentore inconfondibile di classicità che vi si respira sono rimasti. Grazie, Rinaldini.
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