sabato 26 novembre 2011

I 150 del Liceo Rinaldini. Per celebrarli, un libro, tante conferenze e una festa

by Rinaldiniani
Il 2011 è l’anno anche del Centocinquantesimo anniversario della Fondazione del Liceo Rinaldini, creato dal commissario straordinario del governo piemontese Lorenzo Valerio all’indomani dell’unificazione. Una data importante per questo Istituto, che la celebra pubblicando un volume che è regesto degli ultimi cinquant’anni di vita del Liceo, con testimonianze e ricordi, ma anche riflessione sugli studi classici nell’era tecnologica, sulla nostra storia italiana, sul sistema scolastico che la tradizione ci ha trasmesso e che il cambiare dei tempi induce ad adattare agli stili di apprendimento, alla velocità della comunicazione, alle esigenze di una società in rapidissima evoluzione.
Dopo l’accorpamento al Classico dell’Istituto Magistrale, l’istituzione dei Licei Pedagogico, delle Scienze Umane ed Economico-Sociale, e la più recente apertura verso i linguaggi non verbali con l’istituzione del Liceo Musicale, il Rinaldini, polo umanistico della città, fa il punto della sua storia, si osserva più da vicino e consolida il suo dialogo col territorio. Anche la nascita dell’associazione degli “alumni” Rinaldiniani va nel senso di una più stretta e simpatetica collaborazione tra la Scuola e la cittadinanza, con i tanti che sono stati allievi del Rinaldini, i loro familiari, le istituzioni e il pubblico.
La presentazione del libro “I 150 anni del Liceo Rinaldini di Ancona – Il futuro ha un cuore antico” (Ed. Affinità Elettive) sarà il primo appuntamento, martedì 29 novembre alle 16,30 alla Loggia dei Mercanti, di una serie di incontri del Centocinquantesimo anniversario. In quella occasione, la prestigiosa lectio dal titolo “Scuola classica e vita moderna”, del professor Luciano Canfora, docente di Filologia Greca e Latina all’Università di Bari, eminente studioso della Classicità e pubblicista ferratissimo ed elegante, sarà fulcro di una cerimonia introdotta dalla relazione della dirigente scolastica professoressa Giulietta Breccia, intesa come momento di incontro dei Rinaldiniani, ex alunni e docenti di tutte le età che si ritroveranno dopo anni attorno all’istituzione scolastica che ne ha formato la cultura e la preparazione per brillanti carriere. Sarà infatti anche presentata al pubblico la Associazione Rinaldiniani da parte della presidente, avvocato Francesca Paoletti. Inoltre nel corso della cerimonia si esibirà nell’Inno di Mameli e in canti risorgimentali la Corale degli alunni del Rinaldini.
Le celebrazioni proseguono con una grande festa, un happening artistico/musicale di alunni e docenti del Liceo mercoledì 7 dicembre alle 21 al Melaluna (Hotel Klass) di Castelfidardo: oltre alla annuale sfilata delle allieve del Liceo delle Scienze Umane, clou della festa, canzoni e musica contemporanea faranno da colonna sonora e contesto per un incontro gioioso. E ancora, il 19 dicembre alle 16,30 sarà il professor Franco Montanari (Università di Genova), autore del più diffuso dizionario della lingua greca, a tenere una conferenza al Liceo Rinaldini (via Canale, 1) dal titolo “Il mare epico e l’epica del mare”.
Due altri appuntamenti, all’inizio del prossimo anno, segnano altrettante tappe di celebrazioni che proseguiranno fino a tutto il 2013: il 19 gennaio alle 16,30 in aula magna del Rinaldini il dottor Fabio Brisighelli, musicologo e segretario dell’Associazione Rinaldiniani, terrà una conferenza/ascolto dal titolo “Il Risorgimento e l’opera. Le note del riscatto nazionale”. E ancora, il 3 febbraio alle 16,30 il Liceo Rinaldini avrà l’onore di ospitare in aula magna il dottor Fernando Balestra, sovrintendente dell’Istituto Nazionale Dramma Antico di Siracusa, con cui il Rinaldini ha stretto una proficua collaborazione, che parlerà del teatro nella didattica del mondo classico con la relazione dal titolo “Il fuoco di Prometeo”.

venerdì 18 novembre 2011

Sembrerà strano...

di Costanza Costanzi
Sembrerà strano, ma la memoria degli anni liceali non evoca in me ricordi di spensieratezza e tanto meno di nostalgia. E questo non a causa di uno scarso profitto scolastico, piuttosto soddisfacente anzi, né per situazioni relazionali complicate – professori, compagni di classe – e meno che mai per problemi concreti, familiari, di salute o altro. Oggi, a ben considerare la cosa, riconosco in quel permanente stato di ansia e di insoddisfazione il segno di un complicato rapporto con me stessa, in quel delicato momento di passaggio, di crisi appunto (per attingere al bagaglio etimologico greco) tra la fine dell’adolescenza all’età ‘quasi’ adulta, consumato tra conflitti interiori, turbamenti, insicurezze, amoretti infelici, vaga insofferenza verso la severa disciplina ‘pre-sessantottina’ ancora vigente: insomma, un repertorio tipico dell’età, in cui dubbi e insicurezze, aggravati da un diffuso senso di inadeguatezza a tutto campo, la facevano da padroni. In questo poco esaltante scenario, accade un episodio, che oggi identifico come causa scatenante (o forse effetto?) di quel travagliato momento.
Risale ai primi mesi del V ginnasio, quando, durante un banalissimo tema in classe, situazione mai temuta, né ansiogena, sono incappata nella peggiore ‘sindrome del foglio bianco’che si possa immaginare. Ricordo con angoscia quel tempo interminabile, totalmente vuoto di idee - e di conseguente scrittura - attanagliata da una paralizzante incapacità di formulare un qualsivoglia pensiero, anche elementare, che avesse una pur minima attinenza con una delle opzioni (ben tre!) proposte. La prof di italiano, Paolina Mezzabotta – una colonna del corpo docente della sezione B del Ginnasio - donna schiva e austera, quanto attenta e sensibile, percepisce e il mio disagio (probabilmente mi stavo già sciogliendo in lacrime), tenta di aiutarmi, spronandomi a scrivere qualcosa, qualsiasi cosa, che solo somigliasse lontanamente a un tema. Mi suggerisce di fare magari soltanto la semplice prosa della morte di Ermengarda (uno dei titoli riguardava appunto il celebre passo manzoniano). Ma niente, zero, vuoto assoluto. La sofferenza della infelice regina morente dei Franchi sembrava niente in confronto al mio confuso e tormentato stato d’animo, mentre fissavo quel foglio protocollo, beffardo e inviolato. Due ore di angoscia allo stato puro, allo scoccare delle quali, come prevedibile, non avviene il miracolo e consegno il tema in bianco. Non starò a dire quanto tempo (tanto!) mi sono portata dietro la maledetta ‘sindrome’, e di quanta pazienza si sono dovuti armare i miei genitori, nel cercare (inutilmente) di convincermi che non ero quell’idiota incapace, che mi sentivo. Alla squadra familiare schierata contro la totale perdita di autostima che mi affliggeva, si è affiancata per un certo, determinante periodo anche la bravissima Marisa Saracinelli, a cui devo molta gratitudine per avermi aiutato a superare, da insegnante seria e preparata, quel buio momento della mia vita di studente.
Non so se oggi ho davvero radicalmente risolto il problema, ma di certo, mai avrei immaginato, allora, che da quell’incubo giovanile, per una misteriosa e imprevedibile legge del contrappasso, la mia attività professionale passata e presente si sarebbe in buona parte concentrata sullo scrivere. Sarà un caso emblematico di quella “eterogenesi dei fini”, di cui parlava già il filosofo Giovan Battista Vico?